Ho iniziato questo post prima della tragedia nel porto di Genova. L’ho tenuta in stand by per un po’ prima di decidere se continuarlo. Alla fine ho deciso di pubblicarlo come omaggio a una città e al suo mare, che è un mare e un altro mare insieme a tutti gli altri. Perché il mare non è solo geografia: il Mediterraneo da sempre trasporta i gesti e il vociare di tante persone , la natura, le religioni, le spezie, gli oli, i profumi, storie di uomini, piene di dolore, di fatica, di fughe e approdi in terre poco ospitali. E la cultura del cibo. Lo scorso 14 aprile è scattato per l’Italia il Fish dependence day, ossia il giorno da cui il nostro Paese ha iniziato a dipendere dal pesce importato. Sino a qualche decennio fa in Italia si consumavano almeno 150 specie ittiche diverse, oggi non più di 40,e la stragrande maggioranza del consumo è concentrata su 10 specie. Cosa si può fare? Mentre impazzano corsi di cucina Sushi, dovremmo tornare a riconoscere e cucinare sgombri, sugarelli, boghe, sardine e palamite.
Questa la mission di Slow Fish 2013 che inaugura oggi. La cucina ligure per storia, radici ed elementi che la compongono si può dire sia la vera cucina mediterranea.
Una cucina povera, propria delle genti di campagna, dei montanari e dei naviganti, fatta di alimenti semplici, comuni ed economici. Che a Genova resiste anche grazie alle vecchie botteghe che sotto i portici e nei vicoli adiacenti al porto continuano a proporla.
Allora quando siete a Genova non lasciatevi tentare dalle insegne ridondanti, dai locali tirati a lucido, dai menù “finto esotico” ormai uguali in tutto il mondo. Andate alla ricerca di qualcosa di unico, di orginale, preparato con fatica e modestia : modestia che avrebbe potuto essere la nostra ricchezza.
E non dimenticate De Andrè.
Un bellissimo racconto, delicato e un po’ malinconico come questi giorni, con immagini bellissime. Grazie Cinzia.