Alle undici i ballerini vennero convocati per la cena da un cigno d’argento. L’automa era stato costruito da un orologiaio e gioielliere di Parigi, ansioso di mostrare un talento così incredibile da collocarsi sul confine tra meccanica e magia. Un valletto si infilò un cappello di broccato d’argento in tinta e girò la manopola: al che un cigno a grandezza naturale prese vita. Le migliaia di piume d’argento si arruffarono , il collo robusto si distese e la testa si girò…Tintinnò un accordo e nell’acqua a specchio il cigno scatto verso un minuscolo pesciolino. Lo inghiottì e rimase immobile. La musica andò scemando e si spense…
Cit. I Goldbaum, Natasha Solomons
E’ impossibile rimanere impassibili difronte a tanta meraviglia. Ed e’ facile credere che si tratti di un espediente letterario. Invece…
Il Cigno d’Argento è un automa del XVIII Secolo, conservato al museo Bowes interno al Castello Barnard, in Inghilterra. Fu acquistato dal fondatore del museo, John Bowes, da un gioielliere parigino nel 1872. Il cigno è a grandezza naturale e viene azionato da un dispositivo ad orologeria che fa muovere l’automa e aziona un carillon. L’animale meccanico si trova in un torrente realizzato con canne in vetro e circondato da foglie d’argento, insieme ad alcuni pesci e rane, sempre in argento, che nuotano nella corrente. Quando viene azionato, le bacchette elicoidali di vetro ruotano, dando l’illusione che l’acqua scorra realmente sotto gli animali. Il cigno gira la testa da un lato all’altro e poi la abbassa, addentando un piccolo pesciolino d’argento. La testa del cigno torna poi in posizione verticale e la performance, della durata di 32 secondi, termina.
John e Joséphine Bowes erano appassionati collezionisti. Videro per la prima volta il cigno all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1867, dove il gioielliere Harry Emanuel lo espose.

Anche lo scrittore americano Mark Twain vide il Cigno d’Argento alla mostra di Parigi nel 1867 e lo descrisse nel suo libro The Innocents Abroad:
“Guardai il Cigno d’Argento, che aveva una viva grazia nei movimenti e una vivida intelligenza nei propri occhi, lo guardai nuotare con indifferenza come fosse nato in una palude, invece che in una gioielleria. Lo guardai cogliere un pesce d’Argento da sotto l’acqua, rialzare la testa e compiere quegli elaborati movimenti fatti dai cigni per inghiottire i pesci…”


Joséphine, il cui padre era un orologiaio, sembra aver avuto una predilezione per gli automi. Mentre il Cigno d’Argento è il più noto, ci sono un certo numero di altri tra cui giocattoli meccanici, carillon e orologi con movimenti di automi al Bowes Museum. Alcuni esempi includono un orologio leone dell’inizio del XVII secolo realizzato in Germania, con gli occhi girevoli, e un topo in oro meccanico, circa 1810, probabilmente svizzero.
A volte per i ricevimenti più sontuosi venivano liberati nel salone centinaia di cardellini che frullavano e svolazzano sopra le teste degli invitati…
Non ho trovato evidenze storiche che confermino l’uso dei cardellini durante le feste, erano però molto frequenti nelle case dei collezionisti di storia naturale, su tutti John Gould, ornitologo e autore di 41 libri e di 2999 tavole litografate e dipinte a mano,che donò al British Museum la sua collezione di 5,378 cardellini.

Che in epoca vittoriana e in quella successiva, la Gilded Age, fossero un elemento decorativo molto in voga è però certo. Gli uccelli erano, naturalmente, una parte fondamentale della moda per i cappelli , tanto che alla fine del XIX secolo il commercio del piumaggio decimò le popolazioni di uccelli. Su tutti l’uccello del Paradiso della Nuova Guinea.

Ma di questa consuetudine, dell’uso di uccellini durante le feste intendo, avevo già letto in un libro. Precisamente in L’ereditiera americana di Daisy Goodwin, a proposito dei colibrì. Il libro è ispirato alla vita di Consuelo Vanderbilt, e ne avevo già scritto qui scrivendo di altre eccentricità…

Bertha era in cucina con l’uomo dei colibrì. “di che colore sono, questa volta?” chiese Bertha.
“Mi hanno ordinato di farli tutti d’oro. Non è stato facile. Ai colibrì non piace essere dipinti. Alcuni si sono lasciati andare, si sono dati per vinti, e hanno smesso di volare”.
Bertha si inginocchiò e tirò su il panno. Vide dei piccoli bagliori che si muovevano nell’oscurità. Quando tutti gli ospiti sarebbero stati ancora seduti a tavola, a mezzanotte, li avrebbero liberati nel giardino d’inverno, come una fontana di zampilli dorati.
Sarebbero stati l’unico argomento di conversazione per una decina di minuti. I giovanotti avrebbero cercato di catturarli per offrirli in dono alle fanciulle che corteggiavano. Le altre dame di società del circondario avrebbero pensato, non senza un pizzico di malevolenza, che Nancy Cash avrebbe fatto qualsiasi cosa per impressionare i suoi ospiti e il mattino dopo, le cameriere avrebbero spazzato via i corpicini dorati facendone un unico mucchietto.
Crudele vero? sì, ma i colibrì ebbero la loro vendetta…
” E così non devo far altro che premere questa valvola di gomma e il marchingegno si accenderà di luce?”
“Esattamente, signora Cash. Occorre solo afferrare la valvola con presa salda e tutte le luci scintilleranno come un vero cielo stellato. Se posso permettermi, vi ricordo che l’effetto avrà breve durata”.
Ma la signora Cash non stava ascoltando. Non era avvezza a darsi dei limiti. Era ora. Afferrò la valvola di gomma e udì un lieve crepitio mentre la luce scorreva attraverso i centoventi piccoli bulbi luminosi cuciti sul suo abito e gli altri cinquanta incastonati nel diadema. Era come se nella Sala degli Specchi avessero allestito dei fuochi d’artificio.
Ci fu uno squarcio nell’aria e un sospiro di sorpresa si diffuse rapidamente n tutta la terrazza. I piccoli bulbi incandescenti lanciavano ombre affilate lungo i contorni del viso della signora Cash. Una di loro si avviluppò intorno alla stella di diamanti che aveva nei capelli, in un solo istante fu lambita dal fuoco. La sua espressione era feroce quanto le fiamme che lì a poco l’avrebbero avvolta…
Il gong suonò la mezzanotte. Nel giardino d’inverno l’uomo del colibrì tolse il velo alla gabbia. Aprì la porta e poi restò li accanto ad osservare i suoi uccelli che si sparpagliavano come lustrini sul manto vellutato della notte scura. Ma non c’era nessuno a vederli. E dire che erano così belli…