Dimenticate la Kelly, la Birkin, la Jackie, la 2.55, la Baguette, la Speedy etc… La it-bag del momento è la borsina a rete che le nonne usavano per la spesa. Ha un’origine lontana, risale al XVII secolo e viene dalla Normandia, dove i contadini fabbricavano a mano le reti da pesca. Nel 1860 si organizzarono e fondarono la Filt che è il marchio più noto in fatto di borse a rete, e molto altro naturalmente. Una borsa della spesa compatta e riutilizzabile, realizzata in cotone 100%, a rete, che si espande notevolmente per portare a casa dal mercato fasci di frutta, verdura e altri generi alimentari. In Italia è venduta da NicoleDesignStore anche on line.
Se ne trovano comunque molte anche in Amazon di marche non iconiche ma comunque valide.
Le borse a rete o “avoska” in russo fanno parte anche del bagaglio popolare dell’Unione Sovietica anche se giunsero in URSS dalla città di Žďár nad Sázavou, nella Repubblica Ceca, dove alla fine del ‘800 un industriale riconvertì le reti per capelli da lui brevettate con scarso successo in borse per la spesa aggiungendo i manici. Le borse della spesa fatte a mano erano fatte di filato di seta artificiale, tessute da donne che lavoravano a casa (questo era spesso il loro secondo lavoro) o utilizzavano il lavoro minorile. Le borse divennero rapidamente molto popolari grazie al loro basso prezzo, al peso leggero e alla compattezza. Vavřín Krčil ampliò presto la gamma di modelli, comprese le borse da portare al gomito o a spalla e le borse per l’attrezzatura sportiva.
Sono della sua ditta, la Ceskasitovka , e borse a rete che compaiono nella campagna di Dolce & Gabbana del 2010 che ha come protagonista Madonna.
Si diffusero velocemente in URSS dove i negozi non utilizzavano sporte o altro e potevano sopportare sino a 70 kg.
Il nome “avoska” deriva dall’avverbio russo авось, espressione di una vaga aspettativa di fortuna, tradotta in vari contesti come “non si sa mai”, “si spera”, ecc. Il termine ha avuto origine negli anni Trenta nel contesto della carenza di beni di consumo in Unione Sovietica, quando i cittadini potevano ottenere molti acquisti di base solo per un colpo di fortuna; la gente era solita portare sempre in tasca un avoska nel caso si presentassero occasioni favorevoli L’origine esatta del termine rimane incerta, con diverse attribuzioni diverse.
Nel 1970 un popolare comico sovietico, Arkady Raikin, spiegò che intorno al 1935 introdusse un personaggio, un uomo semplice con un sacco a rete tra le mani. Egli mostrava il sacco agli spettatori e diceva “ecco la mia borsa non si sa mai. Chissà se riuscirò a metterci dentro qualcosa”. Una degli scopi del suo lavoro era la ridicolizzazione della burocrazia sovietica e del sistema di vita. La sceneggiatura è attribuita a Vladimir Poliakov, anch’egli attivo durante l’epoca Staliniana.
Di avoska si parla anche in L’ottava vita (per Brilka) dell’autrice georgiana Nino Hatischwili pubblicato da Marsilio, la bellissima saga famigliare per lo più raccontata al femminile, epopea dell’URSS e dei paesi satellite nell’area Caucasica , nel periodo che va dalla Rivoluzione d’ottobre ai nostri giorni. Nel ricordare cosa significasse Unione Sovietica fa dire alla protagonista
Era le retine per la spesa delle nonne (ma quelle di certo le hanno tutte le nonne del mondo, chissà da dove vengono!).
Che ne ignori l’origine mi pare strano, considerato che in tutta la Germania, dove si diffusero come in altre parti di Europa, la “borsa a rete della nonna” è tornata di moda e a Berlino dove Nino vive il Museo della DDR ha una importante collezione di Einkaufsnetz. Ed è a modo suo protagonista di questo breve filmato sulla vita moderna. Ma lei come Daria, una delle protagoniste del libro, non era ancora nata…
Bel lavoro di ricerca. 🤩
Molto interessante, niente è per caso
Ci sarebbe stato molto altro da dire, ma è estate, la borsa è leggera, anche se la si può caricare oltre ogni aspettativa non si può caricare e caricarsi la testa 🙂