Un castello di carte di Amanda Craig. La compassione, prima di tutto…

davDimenticate la Londra patinata di Regent Street, Belgravia, e Kensigton.

La Londra di cui si parla in Un castello di carte di Amanda Craig (Ed. Astoria) è una Londra non visitata dai turisti, spesso volutamente non vista  dagli stessi residenti.

E’ una Londra annerita dalla polvere depositata dalle varie epoche, fatta di tutto ciò che si consuma e si accumula in granelli invisibili. Questa Londra è un mondo a parte, come scrive la stessa autrice nella prefazione, un paese in seno ad un altro paese.

Ne fanno parte molti invisibili, come la donna il cui corpo viene gettato in un Pond dell’Hampstead Heat considerata persa sino a quando …

Tutto farebbe pensare ad un giallo, ma giallo non è, o almeno lo è in parte. Forse più una crime story, nel senso che di crimini nel corso della storia ne vengono commessi molti.

Protagonisti delle vicende narrate sono Polly, mamma avvocato che lavora per i clandestini e fa in modo di trovar loro un lavoro.

Ian un insegnante sudafricano che insegna in una scuola pubblica con molti elementi border line.

Job un rifugiato delle Zimbawe, dove faceva che l’insegnate, che lavora come tassista e inserviente in un carwash.

Anna una minorenne Ucraina che ha lasciato il suo paese pensando di andare a fare la modella ed invece è stata venduta e inserita in un giro di prostituzione.

Katie che ha lasciato gli USA per sfuggire ad un matrimonio upper class che non sente appartenere al suo destino e lavora nella redazione di una rivista molto diffusa tra l’establishment.

E poi c’è Irina, la colf di Polly, sulla cui esistenza non si è troppo soffermata: le bastava sapere che svolgeva al meglio i propri compiti occupandosi della casa e dei suoi figli mentre lei era fuori per lavoro sino a quando qualcosa cambia,anche in lei.

I protagonisti della storia sono tutte persone sole, rese ancor più sole dall’indifferenza degli altri, hanno vissuto ingiustizie, abbandoni, allontanamenti. Appaiono, scompaiono in una Londra che non accoglie nessuno ma ne succhia le vite. Tutte queste vite, così profondamente diverse per origini e svolgimento, finiscono per intrecciarsi come in un giro di giostra che partito con lentezza prende una velocità inaspettata.

Benché sorretto da buoni sentimenti, Un castello di carte non risparmia scene decisamente violente, soprattutto quelle subite da Anna, mette in evidenza la corruzione e l’illegalità che pervadono una città sotto lo scintillio del benessere, che le due economie vivono una in funzione dell’altra. Riesce comunque alla fine a far prevalere la bellezza, il lato buono dell’interdipendenza. E’ un romanzo ben scritto, emozionale, che può non piacere a persone prive di empatia.  E’ una denuncia del modo in cui vengono trattati gli immigrati clandestini, i personaggi sono portavoce della condanna di molte ingiustizie sociali.

Aggiungo una nota molto personale. L’ho letto da circa un mese, aspettando il momento giusto per scriverne. Dico questo perché Hearts and Minds  (uscito nel 2009 nel Regno Unito) è il titolo originale del libro di Amanda, che ho trovato molto più pertinente al tema di questo bellissimo romanzo e di straordinaria attualità. E cioè la necessità di sviluppare l’educazione della mente e del cuore per realizzare quella che oggi sembra la sola realtà possibile,  per accogliere moltitudini di persone in procinto di diventare cittadini di un mondo senza frontiere. La compassione che genera dalla comprensione dell’interdipendenza, quella che Amanda Craig sembra possedere senza indulgere in retorica o moralismi.

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