Avrei voluto scriverne già qualche giorno fa. Confesso, mi aveva angosciato. A farmi decidere è stata la cronaca di questi giorni: l’uccisione di Luca Sacchi. E una frase pronunciata dal padre:
Perché, voi sapete cosa fanno i vostri figli quando escono di casa?
Ne Il sospetto, il suo nuovo giallo, Fiona Barton si conferma bravissima narratrice ma soprattutto interessata a sondare il cuore e la mente delle persone.
Il tema centrale di questa storia è il mutamento della psicologia degli adolescenti, l’impossibilità a volte per un genitore di coglierne gli aspetti meno conformi alle proprie aspettative, e desideri. E la trasformazione, con la crescita, del rapporto tra genitori e figli.
La storia centrale riguarda Rosie e Alex, due ragazze che decidono di trascorrere il loro anno sabbatico in Thailandia. In realtà a partire con Alex dovrebbe essere Mags, l’amica del cuore, ma all’ultimo momento rinuncia alla vacanza. Rosie ed Alex sono molto diverse e da subito Alex si rende conto che il suo desiderio di vedere il paese non è condiviso da Rosie che si butta a capofitto nella vita non proprio edificante dei ragazzi che incontrano appena arrivate all’Ostello. Ad un certo punto le ragazze scompaiono e cosa succede loro e perché è il nucleo centrale del romanzo.
La narrazione viene raccontata attraverso una raffica di brevi capitoli da diversi punti di vista: da una delle madri delle ragazze scomparse, dall’ispettore britannico a cui il caso è stato affidato, da Kate una giornalista, e da Alex mentre si muove incontro al suo destino. La relazione più complessa nel libro è quella tra Kate e il figlio Jake :
Sono sempre stata brava a intervistare le persone, ad ascoltare balbettanti verità celate sotto raffinate menzogne. Ma non questa volta.
La trama assume caratteri sempre più oscuri, dolorosi man mano che ci di addentra nella vicenda. Ci sono adolescenti fragili, irresponsabili ma anche genitori confusi, spaventati.
Ci sono le cose che si sanno, quelle che non si sanno, quelle che non si vogliono sapere. Niente e nessuno è quello che sembra. Neppure la tanto desiderata Thailandia, paradiso bugiardo per tanti giovani.
Solo una cosa non muta dall’inizio alla fine: l’amore di una madre.
“Mi sentivo così vulnerabile, come la prima volta che l’avevo tenuto in braccio appena nato. Mi sentivo schiacciata dalle responsabilità. Dovevo tenerlo al sicuro, aiutarlo a crescere, fare ciò che andava fatto. Vedevo pericoli ovunque. Credevo di esserne uscita quando era diventato abbastanza grande da badare a sé stesso, quando lo avevamo mandato all’università con saluti e baci. Ma non se ne esce mai. E io ero da capo a dodici, con il suo futuro tra le mani”.