Comunque vada io sto con Lapo. Mi fa una gran tristezza e malinconia nonostante viva a colori. “Non essendomi figlio a me”, direbbero a Napoli perché se fosse figlio…Ieri sera, Mr Tower ed io, ci siamo addormentanti avendo lui come ultimo pensiero. Una grana, ci siamo detti, se la famiglia arriva al punto di denunciarlo alla Polizia. Si ma la famiglia non è tutta “agnelli” come sembra, a partire dal nonno che era solo meno maldestro. Gli fecero il favore di far sparire la 17enne di buona famiglia che era in macchina con lui quando ebbe un incidente, provocò la morte di due macellai e si ruppe un femore con conseguente menomazione permanente: era il 1952, ma il resto delle sue scappatelle e vizi privati sono note a tutti. Le beghe per l’eredità tra la madre di Lapo e il resto della famiglia sono cronache più recenti. E anche il non rapporto di Lapo con lei, la mail che lei gli ha scritto attraverso i giornali e alla quale lui ha risposto “Goodluck Wish You All the Best. Lapo. :-)”. Mettici anche il suicidio dello zio Edoardo che non ce l’ha a fatta a vivere da Agnelli e il quadro è presto fatto.
Sarà un caso ma proprio in questi giorni ho riletto dopo anni Le mille luci di New York di Jay McInerney. E’ uscito nel 1984, può darsi che a molti di voi sia sfuggito. Lapo potrebbe essere tra questi, essendo nato nel 1977.
L’ho ripreso perchè ho da poco finito La luce dei giorni, che è il terzo volume di una trilogia dello stesso autore, e che ho trovato bellissimo.
Del protagonista si ignora il nome, ma è un dettaglio. Ciò che conta è il racconto della sua discesa verso gli inferi a causa della droga usata per superare il dolore per la perdita dell’amore, la conseguente perdita del lavoro e tutto il peggio che ne può derivare.
Il libro si apre con una citazione da Fiesta di Hemingway:
“Come hai fatto ad andare in rovina?”, chiese Bill
“In due modi,” rispose Mike, “gradatamente prima, e poi di colpo”.
e il primo capitolo ha un titolo eloquente: Sono le sei del mattino: hai idea di dove sei? Il protagonista si trova in un locale notturno, non ha saputo fermarsi, è “andato oltre su una coda di cometa di polvere bianca” e sta cercando di cavalcarla. Il suo cervello “è uno schieramento di soldatini boliviani. Sono stanchi e infangati per la marcia lungo attraverso la notte. Hanno i buchi nelle scarpe, hanno fame. Hanno bisogno di sostentamento, di un po’ di Tiramisu Nazionale”.
Seguono altri 9 capitoli prima di arrivare a quello conclusivo, intitolato: Come ti va. E’ quello in cui si percepisce che la vita del protagonista evolverà. E’ di nuovo l’alba, il protagonista vaga per le vie della città senza avere la forza di arrivare a casa. Gli cola il sangue dal naso per la troppa cocaina tirata ma gli arriva comunque il profumo di pane fresco. E’ domenica mattina, vede un panettiere che porta via sacchi pieni di panini per permettere alla gente normale di avere pane fresco sulla tavola della colazione. Si rende conto di non toccare cibo da tre giorni e il profumo del pane gli riempe il cuore di tenerezza. Gli ricorda una mattina in cui era arrivato a casa dal college, dopo aver guidato tutta la notte. La madre in cucina stava cuocendo il pane, anche per occupare il tempo libero che le rimaneva mentre i figli “prendevano il volo”. Si erano seduti a chiaccherare e il pane era bruciato, ma ne avevano mangiato comunque un po’. Era bruciato fuori, ma caldo ed umido dentro. Lui era sempre stato orgoglioso di questa madre che aveva mantenuto una sua identità, “che non si era mai sottomessa alla tirannia della cucina”. Si avvicina, chiede un panino in cambio dei suoi occhiali da sole. Il panettiere li prova, li tiene e gli da un sacco di panini. Ne addenta uno ma il primo boccone gli si ferma in gola, e lo fa quasi vomitare. Capisce di dover andar piano, di dover imparare tutto daccapo.
Ora, se qualcuno di quelli che mi leggono conosce Lapo o se ce ne fossero alcuni tra quelli che mi leggono del tutto casualmente ditegli di leggerlo, dite che glielo ha consigliato una mamma bibliotecaria, che leggendolo ha pensato a lui: anche nel libro il protagonista l’ultima serata da dannato la trascorre proprio con un trans. Gli vorrei che ci sono sempre nuove albe per ricominciare, occhiali da cui ripartire.
Metaforici sacchi di panini in cui immergere il naso, profumi di casa da ricordare, che non siano gli abiti del nonno. Anche se ho il sospetto che di casa non ne abbia mai avuta una, di casa vera intendo …dove ti aspetta una mamma, magari maldestra ai fornelli, ma capace di ascoltare.
Lessi il libro anni fa e trovo che sia un buon augurio, pieno di sensibilità.
Sono fatta cosi. Mi sembra un poveraccio, nonostante tutto. O forse proprio per quello. Leggi se ti capita La luce dei giorni. Anche quello è un libro struggente sulla ricerca della felicità
Una recensione singolare e simpatica, penso che leggerò questo autore che non conosco anche se so famoso.
lo merita
Anche a me Zlapo fa una gran tristezza. Credo sia veramente difficile essere membro di unainastia cone quella