La tavola delle Palme e della Pasqua: i vorrei e i posso

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Il piatto nella foto, che sarebbe bello avere per  metterlo al centro della tavola la Domenica di Pasqua (quando secondo tradizione  il capofamiglia utilizza un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita) è  opera dell’artista Rodolfo Ceccaroni e si trova conservato (insieme ad altri piatti, vasi e mattonelle decorative) nel Museo di Villa Colloredo, a Recanati dove egli nacque e morì (1891-1983). Allestì il suo laboratorio nelle cantine del Palazzo nobiliare di proprietà della sua famiglia e predilisse temi popolari: il lavoro nei campi, il susseguirsi delle stagioni, le cronache popolari e come in questo caso, le feste religiose. Si definì maiolicaro, come dichiarato nella sua marca. 1959977Si possono avere invece, e infatti non mancano mai a fine pranzo la Domenica delle Palme, i Quaresimali. A Genova sono apparsi nel 1500, quando le suore del convento  di San Tommaso, per rispettare il divieto di mangiare grassi animali nei 40 giorni che precedono la Pasqua,  impastavano semplici dolci di pasta di mandorle privi di burro, latte e uova. Sono di tre tipi: i canestrellini profumati con acqua distillata di fiori d’arancio,  i mostaccioli, a forma di losanga, con marmellata di fichi e limoni.  i marzapani formati sull’ostia e ripieni di sciroppo di zucchero fondente a gusti vari (cioccolato, caffé, composte varie di frutta). I nostri preferiti? Quelli di Romanengo, fatti rigorosamente a mano da questi artisti genovesi, che ben si adattano alla tavola così come abbiamo imparato ad “allestirla” leggendo Madame est Servie di Caterina Reviglio Sonnino, di cui ho già parlato qui https://eyesmindandhearthaboveall.wordpress.com/2013/04/22/la-buona-educazione/ 2014-09-25

2015-03-301

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