Pomeriggio di sabato, finalmente una giornata senza impegni, da dedicarmi e dedicarci. Decido di andare a Genova in treno per evitare l’ingorgone sulla A26. Prendo l’autobus e arrivo in stazione alle 14.30. Il treno delle 14.40 è stato soppresso per guasto. L’autobus per il centro è già ripartito, mio figlio irraggiungibile. Decido di rimanere in stazione sino al prossimo, previsto alle 16.15.
Il tempo scorre, leggo finalmente il giornale dalla prima all’ultima riga. Divago osservando le persone che arrivano in stazione per informazioni e gli altri passeggeri rimasti a terra come me. Un abbronzato sacerdote con sandalo più adatto ai calzoncini che indossa sotto la lunga tunica, come precisa ad una signora che gli domanda se non ha caldo; una signora latina che è stata per più di un’ora al cellulare; due anziane in vena di confidenze al punto che una ad un certo punto scoppia in lacrime, un signore con zainetto che non ha capito e rimane a vagare nell’atrio. In sottofondo suoni emessi dalle slot e cascate di monete, pomeriggi sottratti agli affetti.
Arriva un pullman in sostituzione, ben prima dell’arrivo del prossimo treno. Decido che vale la pena tentare. Lo prendo e mi mantengo calma e ottimista: osservo la natura e approfitto della visuale dall’alto che il pullman offre per scoprire scorci mai visti prima, aironi cinerini lungo le anse del fiume, siepi di rose, corti di case di campagna ben curate e orti in cui anziani dalla pelle arrostita dal sole lavorano piegati in due sul terreno. Le mogli a leggere all’ombra, sotto un albero. Mi piace questo tuffo in una semplice e rurale civiltà, mi dico che è bella questa occasione che pare non interessi al signore con zainetto che trascorre il tempo con lo sguardo incollato all’iPad, dove scorrono le immagini di un film d’azione, e ad un iPhone. Pare non essere interessato al tragitto, lui: lo classifico tra i ” viaggiatori da destinazione”, quelli per i quali conta soprattutto la meta.
Ma grazie ad un’applicazione di FF.SS. scopre che il treno che non abbiamo aspettato sta per arrivare alla nostra prossima tappa. Di corsa giù dal pullman, saliamo sul treno. In fondo, salvo guasti, è il modo più sicuro per raggiungere la città: niente code, incidenti, cantieri. Una suora dagli occhi di ghiaccio legge In fuga dai nazisti, un signore si accascia leggendo un libro di Ammaniti, si accascia anche il venditore ambulante.
Le immagini oltre il finestrino scorrono veloci: una signora prende il sole su un lettino, un signore con un grande cane bianco guarda lo scorrere dei treni, antenne paraboliche, panni stesi, scene di ordinario degrado, poi finalmente il porto, le navi, Genova. Esco da Principe alle 17.17: 3 ore e 15 minuti, da quando sono uscita di casa, per percorrere una quarantina di km.
Quando arrivo è tardi, tardi per tutto. Rimane il tempo per poche cose sbrigate in fretta. Il treno dei desideri all’incontrario va.
Come può non piacermi questo racconto? C’è tutto il mondo che vivo ogni giorno, con l’occhio attento di che il viaggio ancora se lo gode come esperienza, non solo come tragitto.
appunto 🙂