Arrivo un po’ in ritardo a dire la mia in merito. Forse potevo anche evitarla, non credo che quanto sto per scrivere possa avere una qualche utilità sociale. E’ un pensiero che mi ha accompagnato durante il mio viaggio di ritorno da Genova, questa notte, dopo la presentazione di I fiori dell’oleandro e Manifesto dell’antimafia di Nando dalla Chiesa e i discorsi fatti dopo, a cena. Prendetela quindi come una riflessione a voce alta.


Il primo è una raccolta di ritratti femminili, di donne più o meno qualunque, che con le loro vite ci offrono uno spaccato di Italia migliore di quella che quotidianamente irrompe nelle nostre case attraverso la televisione o i giornali, o la vita stessa. Il secondo è una sintesi del pensiero di dalla Chiesa figlio (ovviamente tra la sua origine dal pensiero di dalla Chiesa padre, per l’esattezza Generale) in cui l’Autore richiama non solo le istituzioni, le asociazioni ma anche noi, singoli cittadini, ad aguzzare vista e udito, a farci sentinelle, a ridare pienezza di significato alle parole, a non essere “cretini”.
Chiamare Genny con il suo nome e cognome Gennaro De Tommaso, figlio di Ciro ritenuto affiliato al clan Misso del Rione Sanità, lo sottrae dal comico, dal farsesco, perché non si rischi di confonderlo con Tom Schiena–di–legno e Sam Mani-di-merda (La Leggenda di Al John e Jack, di Aldo Giovanni e Giacomo) e di rimane sommersi da una risata.
Perché “carogna” significa persona perfida, abietta, spregevole, di cui difficilmente si ride; è un corpo in putrefazione da cui escono, per dirla alla Baudelaire, neri battaglioni di larve. Che nel nostro caso affollano la rete e si comprano la maglietta in edizione speciale con l’effige della carogna in vendita a 21 Euro. Fiori del male e non dell’oleandro per dirla alla Nando dalla Chiesa, figlio di Carlo Alberto Generale, ucciso dalla mafia.