Si è chiuso Slow Fish, con un indiscutibile risultato: la massiccia presenza di “cibo” genovese. Dico cibo perché non si è visto solo pesce, ma tutta la cucina ligure è stata messa in vetrina (con la sola esclusione del minestrone, mi pare di poter dire, ma non ci giurerei). Il pungente olezzo di fritto misto l’ha fatta da padrone. Un’edizione certamente più ridotta e ad ingresso libero che ha trasformato la manifestazione in un’immenso ristorante a cielo aperto, meno multietnico del cuore della città. Molta calca alle bancarelle che offrono micro degustazioni gratuite ma a suon di micro porzioni ci si riempie lo stomaco. E se doveva essere l’occasione per promuovere il recupero della tradizione, del cibo semplice, del pesce locale mi pare l’obiettivo può dirsi raggiunto. La leggenda vuole che il nome Genova derivi dal nome del dio romano Giano perché, proprio come il Dio bifronte, Genova ha due facce: una rivolta verso il mare, l’altra verso i monti che la circondano, una guarda al passato e una vede il futuro.
Qualcuno sostiene lo faccia con lentezza…