Impossibile non desiderare la fuga in giornate come queste. Io intravedo già la meta. E’ Portofino. Lasciata l’auto a Santa Margherita di solito percorriamo la nuova pedonale a picco sul mare. E’ molto suggestiva per gli scorci spettacolari che regala e si protrae (si interrompe per un breve tratto solo all’altezza del Castello) fino alla splendida baia di Paraggi.
In La lunga strada di sabbia Pier Paolo Pasolini scrisse di Paraggi : pare disegnata e laccata da un architetto di Visconti, tutta sul rosso sangue e sul verde veronese.
Attraversiamo il borgo passando tra gli stabilimenti balneari e le case e sbuchiamo sulla strada carrozzabile. Di fronte, c’è una piccola scalinata in pietra che permette di accedere alla pedonale Paraggi-Portofino.E’ completamente immersa nel verde ma regala scorci mozzafiato. Dopo 20 minuti di cammino si arriva in vista del piccolo borgo marinaro.
Uno tra i primi personaggi celebri a scoprire Portofino fu Guy de Maupassant che, a fine ‘800, la descrive così: “un arco di luna attorno ad un bacino calmo”.
A questo punto il cuore si allarga e non puoi che trovarti d’accordo con Camillo Sbarbaro, le sue parole diventano le tue : In quante esistenze Portofino resta, in un’aria di irrealtà, l’unica scappata, la parentesi aperta nel grigiore delle abitudini, più neccessaria alla vita della finestra nella stanza. (Trucioli 1914-1918)
Dalla Piazzetta percorrendo la “creuza” immersa nei pitosfori si può proseguire sino al faro da dove, è fuori discussione, la terra appare rotonda.
Dopo una sosta meditativa e profondi respiri torniamo in piazzetta, al “villaggio”. Salvator Gotta prese casa a Portofino ma della sua prima volta nei paraggi scrisse: “Ero a Santa Margherita in visita a Pastonchi e al maestro Giordano; nel pomeriggio si decise di fare una passeggiata e, conversando, arrivammo sin dopo Paraggi. Lì uno dei due si fermò per dire: “dopo quella punta c’è un villaggio di pescatori, Portofino, non vale la pena di arrivare fino a là, possiamo tornare“.
Pescatori? Siamo sicuri? Giorgio Bocca non era di questa opinione quando dichiarò: C’erano una volta i pescatori. A Portofino.
Certo tra la visita di Salvator Gotta e quella di Giorgio Bocca era passato del tempo. Bocca tornò sull’argomento in un lungo reportage pubblicato sull’Epresso (era il il 1962) dal titolo “Mille fabbriche, nessuna libreria”, dedicato a Vigevano, a quella città di «abitanti cinquantasettemila, di operai venticinquemila, di milionari a battaglioni affiancati, di librerie neanche una», in cui riporta le parole di Rolando, operaio: i figli degli industriali vanno a fare gli sboroni a Portofino.
Noi che siamo persone semplici compriamo la focaccia da Canale, il solo panificio del borgo, celebrata anche, tra gli altri, dal New York Times e dalla rivista giapponese Asahi Shimbun. La mangiamo seduti sul molo, con le gambe penzoloni, guardando le case alte e strette dalle facciate in toni pastello. Nel piano del colore alcune cromie sono ripetute e definite nel linguaggio locale: russettu ingleise, verdin, giancu de Portufin (la più adatta ad accompagnare il nostro spuntino).
A noi Portofino piace viverla così, evitando i sabati e le domeniche, i mesi estivi. Al naturale. Come è giusto che sia e che rimanga.Un mondo a parte.
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Non mi stupisco che tali letterati abbiamo elogiato questi posti: sono bellissimi. Quanto è bella e meravigliosa l’Italia.
vero. Portofino poi la aggiungerei alle 7 meraviglie del mondo…