Badia

Superare la sbarra e arrivare finalmente a Badia è sempre un’emozione. Sai di stare per vivere un privilegio dovuto all’esclusività del luogo. Esclusività  non solo perché fu ed è dimora di una delle più importanti famiglie genovesi,  i Raggi, ma per la particolare atmosfera che vi si percepisce: è un che di straniante, come essere racchiusi in una bolla d’aria, isolati e protetti. Qualcosa di magico, insomma. Un tempo fu una grossa borgata racchiusa tra la chiesa (la più antica abbazia cistercense in Italia) il palazzo (un tempo il corpo principale del monastero) e la corte. Ci si va per il weekend solitamente ad agosto, in fuga dalla città, ma si vorrebbe andarci più spesso e una volta lì, non doverla lasciare.

Ciò che colpisce arrivando è l’altezza dei cedri.

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Sembrano risalire al periodo di fondazione del monastero, e invece no: furono messi a dimora solo nel 1892 come testimonia la foto che ritrae gli uomini sul prato.
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Dire il Palazzo fa pensare chissà che. Invece no. Essendo il corpo principale del monastero è molto austero, sobrio.
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Ma il suo fascino sta proprio qui, nel contrasto tra l’ambiente circostante e chi in quel palazzo ha vissuto.
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Cerco di immaginare Camilla, e anche me,bambina qui, durante le vacanze estive. Via le poltroncine bianche, meglio quelle di bambù. E poi via alla rilassatezza, al senso di libertà: vivere un pò da selvaggi, insieme alle poche famiglie rimaste in quella valle per certi aspetti desolata ma resa speciale dalla luce, la luce di Badia. Una luce incantata e il cielo così terso che filtra tra gli alberi: tutto diventa preciso, più netto.
Invitare per qualche giorno l’amica del cuore, con lei correre nei prati, improvvisare cacce al tesoro, cercare un rifugio segreto dove stare in silenzio a leggere. Per ore. Inventare storie con protagoniste ragazzine come noi e i loro primi amori. Naturalmente segreti, segretissimi. Aspettare sveglie l’alba, l’alba come non l’abbiamo mai vista. Spalancare le finestre e respirare forte l’aria fresca del mattino. Felici.
Fare merenda con la frutta che il manente ha lasciato davanti alla porta della cucina

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riprendere un aspetto civile quando arrivano le amiche della nonna per il tè
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Certo che a pensarlo ora ci si accorge di quanto tutto cambi, e che solo questo è certo. Il resto svanirà, tutto ciò è destinato ad apparire strano e fantastico, proprio come le crinoline di quegli anni o una tazza di tè.

La giornata è finita. Andiamo verso la macchina. Davanti a noi il viale

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Penso a chi l’ha percorso tante volte prima di noi. Storditi dal viaggio in carrozza, dalla strada tutta curve e controcurve, doveva essere come approdare in un altro mondo. Che è l’effetto che fa anche a me, non però in senso negativo, tutt’altro.
Mi guardo un’ultima volta intorno. La corte è nella sua ora migliore
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Casa e prato “virano” al violetto, una falsa luce viola di tramonto accomuna la casa e l’erba, i prati e il tetto della cappellina. Come nelle foto pionieristiche a colori degli anni ’60. Il nostro tempo è davvero finito.

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