Le circostanze di Amanda Craig è di gran lunga il più bel romanzo che ho letto di recente.
E’ stato definito il primo romanzo post Brexit ma se di divorzio si tratta è soprattutto quello dei protagonisti, sullo sfondo, certo, di un mondo che ha votato per lo più a favore dell’uscita dall’Europa. E’ anche un romanzo su come il denaro e il lavoro femminile hanno influenzato e modificato i rapporti uomo donna, anche in relazione al matrimonio.
I protagonisti Lottie e Quentin sono due professionisti londinesi rimasti senza lavoro. Lei, architetta, pragmatica come molte di noi sono costrette ad essere, decide che è necessario affittare la casa di Londra, che può fruttare un affitto sufficiente a farli vivere in una vecchia fattoria del Devon, in attesa di venderla. Quentin, giornalista, infantile e viziato, disprezza la campagna, non condivide la scelta ma la subisce, non senza lamentarsi. La coppia è in crisi per i tradimenti di lui, Lottie da subito capisce che il matrimonio non può continuare ma rifiuta il divorzio in attesa di vendere la casa e garantire alle figlie e al figlio avuto in precedenza un futuro tranquillo.
L’Inghilterra è quella del post Brexit, in campagna prevalgono i pregiudizi, la disoccupazione, la povertà, la fatica. Intorno alla coppia si muovono molti personaggi, alcuni molto interessanti. La madre di Lottie che ha un bellissimo, rapporto con il nipote Xan, un adolescente di colore nato dal primo matrimonio di Lottie, che sperimenterà su di sé la diffidenza razzista e la povertà andando a lavorare in una fabbrica insieme ad emigrati polacchi. Hugh, il padre di Quentin, che riversa su Xan, la sua passione e conoscenza della letteratura. Sally, allevatrice di pecore insieme al marito. Le bambine Stella e Rosie che finiranno per amare la vita in campagna. Lavoratori polacchi, una rock star, una ragazza piena di segreti. Come la fattoria. Tutti da questa esperienza usciranno diversi, cambiati. Lottie è stata la mia preferita, per la sua capacità di rinnovarsi cercando di ottenere il meglio per le persone che ama, per quel figlio adolescente con il quale spesso fatica a comunicare.
Londra è la Londra che ha perso molta della sua identità. Quentin la rimpiange, della fattoria nel Devon pensa che è il genere di struttura che gli idioti di città trovano pittoresca e il suo obiettivo principale sarà limitare al minimo i contatti con l’ennesimo bifolco locale. Lottie , al contrario, di Londra odia l’inquinamento, le multe per sosta vietata, il rumore, gli adolescenti ubriachi, l’immondizia, il vomito secco, i negozi troppo cari.
Le descrizioni della campagna sono bellissime, ricordano molto Thomas Hardy. Per me che amo la brughiera una pacchia. Ma il paesaggio non è così idilliaco per tutti i membri della famiglia di Lottie e la bellezza dei paesaggi non stempera la durezza della natura. Quando una delle figlie le chiederà quando torneremo in Inghilterra Lottie risponde che anche quella è Inghilterra e si rende conto una volta di più che il loro stile di vita londinese era un’isola prospera di cui prova vergogna.
Attraverso la campagna inglese ho viaggiato due anni fa, nel mese di maggio, e il ricordo che ne ho è bellissimo. Nel libro ho ritrovato l’idillio di alcuni paesaggi, l’ordine, la civiltà che sembrano ormai così estranee alle grandi città, l’invito a guardare alle professioni della campagna come ad una risorsa anche per le generazioni più giovani.
Quella campagna tanto amata da Eric Ravilious, famoso per i suoi acquerelli soprattutto del South Essex, che viene infatti citato nel libro. Scorre accanto al finestrino del treno su cui Lottie ritorna nel Devon dopo un breve soggiorno a Londra, come in Train Landscape, un acquarello del 1940.
I suoi dipinti sono un invito a riconsiderare l’ordinaria bellezza della natura, le cose sottovalutate, i granai, gli orti, quegli angoli che hanno contribuito a costruire il nostro immaginario inglese. Come le porcellane ad esempio…non è un caso che Ravilious ne abbia disegnate alcune, anche per Wedgwood, una della più note manifatture di ceramica inglese.
La più conosciuta è la Alphabet Mug, disegnata nel 1937, che è in pratica una summa dei suoi tempi più cari insieme a una buona dose di fantasia che sono tipiche dell’infanzia: il bollitore per il tè, la pagnotta sul tavolo di legno, l’uccellino in gabbia, la sedia a dondolo ma anche il subacqueo tra i pesci, la luna nuova come un occhio nell’oscurità, le porte della cucina che danno sul giardino, le banderuola che si agita con il vento. Tutti quei piccoli particolari che fanno dell’Inghilterra quello che è. Una visione idilliaca che sembra essere priva di tutti i tormenti e relazioni che hanno accompagnato la vita coniugale di Eric.
Tra le chicche del libro la poesia di Robert Southwell Times go by Turns:
La storia di Lottie e della sua famiglia, ma non solo, è una storia di adattamento e riflessione, sulle possibilità della riconciliazione. E le tante direzioni cui sembrano portare le singole storie in realtà portano ad unico risultato: la capacità di cambiamento dell’animo umano e la possibilità di reindirizzare la propria vita.