Nel XIX secolo Shusha/Shushi era una delle più grandi città del Caucaso, la più grande dopo Tiblisi, più grande e prosperosa di Baku e Jerevan. Posta al centro di una rete di strade percorse da carovane, aveva 10 caravanserragli. Vi si trovavano più di 20 tipografie, vi venivano stampati 5 giornali, aveva 5 chiese, 3 moschee. Dal 1865 divenne un centro importante per la drammaturgia del Caucaso e nel 1891 vi si costruì un teatro Armeno. A Shusha nacque , nel 1854, Najaf bey Vazirov, giornalista e commediografo e Khurshudbanu Natavan, poetessa nota con il nome di Perla tra la gente perché discendente nipote di Ibrahimkhalil Khan. E sono solo due dei tanti intellettuali nati in quella città .
Culla della musica e della poesia, era chiamata la Parigi del Caucaso.

Cafè a Shusha
Era molto conosciuta per il commercio della seta, prodotta grazie ai famosi gelsi del Nagorno Karabakh che compaiono anche nello stemma della Repubblica e dai cui frutti si ricava un’ottima vodka ; per la tessitura dei tappeti dal pelo denso caratteristica delle razze ovine locali e dai colori sgargianti che ne simboleggiano la rigogliosa natura e che ornavano le grandi sale degli enormi edifici in pietra che costeggiavano le sue strade lastricate.

Megerian Carpets
I viaggiatori dell’epoca la descrivevano con ammirazione. Vasily Vereschchagin ne descrisse la bellezza in Le Tour du Mond e Louis Figuier la riprodusse in alcuni suoi disegni.
Fondata nel 1750, faceva parte del Kanhato del Karabakh e la popolazione era in prevalenza Azera. Nel XIX secolo, è diventata come il resto della regione parte dell’impero russo. E’ considerata dagli Armeni il simbolo della loro rivincita non solo per la riconquista del territorio a danno dell’Azerbaijan ma anche come rivalsa verso il genocidio del 1915- ad opera dei Turchi. Fu distrutta per ben 3 volte nel xx secolo: nel 1905 da entrambi, nel 1920 dagli Azeri e la popolazione Armena per la maggior parte morì o fu esiliata con quello che divenne il “pogrom di Shushi”. La scrittrice Georgiana Anaida Bestavashvili lo ha paragonato al disastro di Pompei.

Rovine della parte Armena di Shushi dopo il Pogrom del marzo del 1920
Fu distrutta nel 1992 dagli Armeni durante la guerrta del Nagorno Karabakh e ora vi abitano all’incirca 4000 persone, per lo più profughi provenienti dall’Azerbaijan.
Camminare oggi , durante una tregua nella ripresa dei combattimenti, lungo le strade di quello che fu il quartiere Azero fa pensare a quanto scritto da Osip Mandelstam, che la visitò nel 1930, nel suo Viaggio in Armenia criticato fortemente dalla Pravda:
silenzio terrificante e 40.000 finestre morte.

Shusha / Shushi
Dalle case distrutte emergono segni di passate presenze amorevoli. Sorprende come gli anziani e giovani famiglie spesso numerose riescano a vivere con dignità e apparente serenità in tale desolazione.
Ho visto battere il cuore alle pietre.
Ho visto tremando immensi monoliti alti nel cielo
spezzarsi in pianto in veglia struggente
giorno e notte al tripode del ricordo.
E tra spazio e spazio di monoliti
cariche le spalle di compassione
ho visto spiare tenero di cieli e di nubi
su occhi umidi di pianto e corone di fiori,
carezza e fierezza di un popolo resistente.Gregorio di Narek
Cosa può fare l’uomo di grande e di terribile
Proprio cosi