L’uomo di moda è Menaissance

L’ho letto oggi per la prima volta su Il Corriere della Sera: Men+renaissance. Eppure pare che il termine sia stato coniato nel 2010. Il che dimostra quanto poco sia fashionista E non mi piace, anche ora che ne so il significato. O meglio, non mi piace la traduzione che ne dà il Corriere: termine con cui si indica l’espansione del menwear . Che giustifica, ad esempio, la comparsa di fiocchi o gli inserti di visone nell’abbigliamento maschile, allo scopo di  promuovere l’abolizione del “gender”, spostando quello maschile verso il femminile per comprendere quindi e con naturalezza “il gay”.

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Gucci-Menswear-FW-2015-Milan-20Personalmente la trovo l’ennesima furbata dell’industria cosmetica,  della moda, che, mi rendo conto, se dovesse basarsi sul mio concetto di “moda” maschile avebbe finito di esistere da tempo. O forse no: di sicuro non si sarebbe moltiplicata, diramandosi in stili forme e colori. Anche se, davanti alle vetrine di Etro, mi incanto davanti alle proposte per uomo. Le considero forme d’arte, che  però poco hanno a che fare con la vita quotidiana. Il costo naturalmente è un’altra variabile da non sottovalutare.

Soprattutto i giovani in questi anni hanno sentito la pressione del marketing, una risposta all’incertezza dei tempi, che ha messo in  discussione il ruolo stesso del maschio e che di fatto ha introdotto nel “sistema uomo” comportamenti  tipicamente femminili. Esempio banale: vostro padre o marito, avrebbe mai fatto la ceretta?

E non dovrebbe, secondo me, piacere soprattutto agli uomini, ridotti a scimmiottare noi,  generazioni di donne che hanno messo i pantaloni per far capire al mondo che li portavano da sempre ( per dimostrare che avevano coraggio e forza, idee, libertà di scelta). Se agli uomini serve un fiocco per dimostrare di rifiutare l’omofobia, il sessismo, il razzismo, lo sciovinismo, di avere comportamenti responsabili,  per dimostrare di volersi bene, di avere un cuore, allora altro che Rinascimento. Quello che apre la porta ad una signora, che non ha stereotipi di virilità, che non insulta, che sente di far parte dell’umanità e non solo esclusivamente del suo paese, che si commuove e lo dice, che culla i bambini, e molto altro, che trovo ovvio, quello  lo rappresenta al meglio. L’altro, quello che vedo alle sfilate, mi sembra un manichino, un bambolo per donne che stanno esagerando. Comunque, ogni epoca ha avuto il suo. Io continuo a chiamarlo simpaticamente pirla.

Anche quello che dai 20 anni in su, e qui so di fare una concessione,  accorcia il pantaloni con “il risvoltino.

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