Allora, tu come ti vesti? mi ha chiesto Mr Tower.
Non so, non mi vorrei “mascherare”. Non mi è mai piaciuto, neppure da bambina. Per Federico e me tirerò fuori qualcosa di originale, di quegli anni. Proveremo a essere coetanei, almeno per una sera. E tu?
E Mr Tower mi ha risposto: Da me.
Da te?
Sì, da me negli anni ’70, studente della Facoltà di Lettere. A Genova.
Ah, e quindi, dico io, praticamente vestito come ora: jeans, polacchine, camicia e pullover a V.
Sì, certo, con una differenza sostanziale. Che ora porto la 24 ore, che poi diciamolo: è una cartella. E invece allora portavo lo zaino.
Quindi vieni con lo zaino.
Già, perché è li che stanno i miei anni ’70.
Allora nello lo zaino gli studenti della Facoltà di lettere di Genova tenevano testi che scottavano, e che per fortuna non scottarono Mr Tower ma molti dei suoi compagni di corso sì. Perché tra i docenti allora, alla Facoltà di lettere, c’erano il brigatista Enrico Fenzi (esperto di Dante e Petrarca, tant’è che Mr Tower sostiene che la Divina Commedia come lui non la spiegava nessuno) e Gianfranco Faina, fondatore di Azione Rivoluzionaria e docente di Storia moderna , che teneva un corso sulla Banda Baader Meinhof. Vi pare che potevo rimanere indifferente? No, e infatti i testi eccoli qui.
Il primo Un raggio di luce nel regno delle tenebre: la guerriglia urbana nella Germania Federale, è nella sua prima versione, ovviamente, ‘originale, quasi un ciclostile, pubblicato da Il collettivo editoriale di Salita S. Matteo 19 nel giugno del 1976.
E’ dedicato a Ulrike Meinhof, il raggio di luce a cui si allude nel titolo, suicida mentre il libro era in fase di scrittura: “Ulrike non è un personaggio letterario, ma una donna in carne e ossa, non è un prodotto della fantasia ma della realtà tedesca e della guerriglia urbana. Ma della fantasia e dell’arte ha qualcosa, è superamento della realtà, è realizzazione dell’arte. (…)Con la stessa energia con cui Ulrike ha compiuto gli attentati della Raf, oggi, militante della Raf, si è liberata della sua vita torturata e tormentata. E’ sfuggita ancora una volta al potere. E’ finita, è libera. (…) “
Il testo è molto fitto e intervallato da immagini che ritraggono scene di guerriglia urbana.
Il secondo è S.P.K. Fare della malattia un’arma, sempre pubblicato dal Collettivo Editoriale di Genova.
Il Collettivo Socialista dei Pazienti di Heidelberg (SPK) nacque dal lavoro portato avanti da alcuni medici della Clinica Psichiatrica Universitaria di Heidelberg –guidati dal Dr. Wolfgang Huber– nel dopo-’68. Si sviluppò fra il ’70 e il ’71, giungendo fino ad avere 500 membri (pazienti, operatori sanitari, studenti, lavoratori). Riuscì inizialmente a ottenere- a prezzo di aspre lotte- una certa copertura istituzionale, che saltò a metà 1971. Huber venne condannato in base all’articolo 128 del codice penale, cioè per fondazione di gruppo eversivo: alcuni suoi membri erano confluiti nella Banda Baader-Meinhof. Scontò in carcere quattro anni e mezzo, cioè tutta la pena fino all’ultimo giorno poiché rifiutò. ogni riduzione o condono. Tra le sue tesi: la malattia è la condizione e il risultato dei rapporti di produzione capitalisti, i rapporti di produzione capitalisti implicano la trasformazione del lavoro vivente (creatività) in materiale morto (merci, capitali), l’inibizione, la malattia cioè nella sua forma non sviluppata, è la prigione interiore dell’individuo. Sartre simpatizzò con l’SPK E anni dopo il testo venne ripubblicato con, in prefazione, la lettera che lo scrittore aveva inviato ai suoi membri. “Cari compagni! Ho letto il vostro libro con il più grande interesse (…). A quello che Marx chiama l’alienazione, fatto generale in una società capitalistica, pare che voi diate il nome di malattia, per esprimersi in termini grossolani. Credo che abbiate ragione. (…) Sono felice di aver compreso il progresso reale costituito dall’SPK. Apprezzando le vostre ricerche, capisco anche che esse vi espongono alla peggiore repressione della società capitalistica. E che esse devono scatenare contro di voi, oltre ai rappresentanti della “cultura”, politici e poliziotti. Dovrete lottare in tutti i modi, poiché coloro che dirigono la nostra società intendono impedirvi di portare avanti le vostre pratiche. Non fosse che accusandovi gratuitamente di complotto criminale. Non è sulla base di stupide incarcerazioni che sarete giudicati, ma sulla base dei risultati che avrete ottenuto”. – 17 aprile 1972, Jean-Paul Sartre
Il terzo Per un teatro povero di Jerzy Grotowski, Bulzoni Editore, 1970. Grotowski, regista teatrale polacco, fu una delle figure di spicco della drammaturgia del novecento, del teatro politico. Con teatro povero intendeva un teatro che, spogliatosi di scenografie, costumi , palcoscenico e tutto quanto potesse frapporsi tra l’attore e il pubblico, aiutasse ad accentuare il nucleo del messaggio che il teatro doveva generare. Ideò anche una tecnica di allenamento per attori , molto di più di una serie di esercizi fisici: un mezzo con cui eliminare resistenze ed ostacoli alla creatività.
Concludendo? Beh, ometto i giudizi ma vi confesso i miei pensieri…
Negli stessi anni anch’io iniziavo l’università. Per me che venivo da una scuola privata di provincia fu un trauma. Tant’è che abbandonai e andai a studiare in Inghilterra dove trovai più ordine e disciplina, e anche docenti disposti a dedicarti tempo, compagni di classe provenienti da ogni parte del mondo, anche molti dai Paesi Arabi, alcuni dei quali, probabilmente, anni dopo idearono azioni terroristiche contro l’occidente. Tornai il giorno in cui rapirono Moro e anche se stavamo sorvolando l’aeroporto di Genova, fummo riportati a Londra. Da quell’albergo in aeroporto fu difficile capire cosa stesse accadendo in Italia ma non ci volle molto. Per combattere il terrorismo fu chiamato a Genova il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Che ci riuscì. Anni dopo, dopo che la guerriglia urbana scatenatasi con il G8 aveva ripercorso le vie della città, il figlio Nando venne a Genova ad occuparsi di diritti e attirato dal nome Ombre Rosse (che pensava di riferisse al noto western) pranzò nel ristorante di proprietà di Enrico Fenzi. Non lo sapeva e non li riconobbe ma Fenzi e la moglie sì. Ne venne fuori un dialogo che Nando dalla Chiesa raccontò nel suo blog, un dialogo che parla di “dialogo” appunto e che se non lo avete mai fatto vi invito a leggere. http://www.nandodallachiesa.it/public/index.php?option=com_content&task=view&id=960&Itemid=123
Con Mr Tower, neppure a dirlo grande appassionato di teatro, ho visto spettacoli che confesso non ho gradito. Che fossero quelli dell’arcinota Fura dels Baus o quelli di oscure compagnie in piccoli teatrisperdutichissàdove in serate di pioggia battente. Tutti traggono origine dalla scuola di Grotowski. Hanno come elemento comune la forze e in qualche modo la violenza, intesa come mezzo espressivo, sono rappresentazioni estreme, provocatorie. A difesa di Mr Tower devo dire che è l’uomo più mite che conosca, il più compassionevole tra i due sicuramente. Ma in quel teatro lui vede molto di più, vede una lezione che fu fondamentale nella storia del teatro e forse anche nella sua. Io invece no: anche ora, come allora, lo scontro esasperato mi terrorizza. In quei ragazzi che si battono sul petto, che si strattonano e ti strattonano, che stracciano fogli urlando vedo figli che non sono i miei, ma comunque figli, che cercano una loro strada, e che spero la troveranno. Che spero avranno una casa, la loro, una famiglia, dei figli. E genitori tranquilli. Certo che la farei anch’io la rivoluzione. Per i nostri figli, per il loro futuro. E per il nostro. La farei in musica, come tentarono di fare alcuni tra i miei idoli musicali di quegli anni, o troverei la forza di spaccare tutto? E cosa stiamo aspettando a farla, mi dico?
Questa mattina Mr Tower è tornato a Genova, in treno. Mi sono affacciata alla finestra e l’ho seguito mentre spariva nella via. Non aveva la cartella, niente documenti ufficiali, solo il giornale infilato nello zaino. Quello zaino. L’ho immaginato ormai quasi 40 anni fa, mentre si avvia verso la Facoltà, con quei libri che ha consumato per quanto li ha studiati. Ha creduto anche lui che fosse possibile cambiarlo il mondo, in meglio, anche con il teatro, con un’idea di giustizia possibile. Ridivento mamma, mi fa tenerezza. E la sua scelta di “non travestirsi” per la festa anni ’70 mi è sembrata la sola scelta possibile.
“La performance non è un’illusionistica copia della realtà, nè la sua imitazione. Non è una serie di convenzioni accettate come un gioco di ruolo, recitato in una separata realtà teatrale. L’attore non recita, non imita, o pretende. Egli è se stesso”. – Jerzy Grotowski
Nella speranza forse non del tutto futile che il tuo racconto – il quale, se ho capito bene, vorrebbe andare controcorrente e, contestando il ‘codice di abbigliamento borghese’, di adattamento cioè opportunista alla realtà di alienazione dominante, vuole portare alla luce, sia pure in modo frammentario, testi e pensieri che una gran parte della “sinistra” italiana ha dimostrato di preferire che rimanessero sepolti per sempre nella memoria collettiva – vorrei aggiungere alcune precisazioni circa uno dei libri portati nello zaino dell’ eroe del tuo racconto, Mr. Tower, e precisamente del libro S.P.K. – Fare della malattia un’ arma.
L’ edizione del libro che hai messo sul sito web del tuo ‘blog’ e da cui stai citando alcuni brani è il risultato di una traduzione fatta all’insaputa degli interessati immediati, cioè dei pazienti del Collettivo Socialista dei Pazienti (SPK), e del suo autore, dott. Huber. E stata fatta da un gruppo di studenti nell’ambito di un seminario del prof. Gianfranco Faina nel ’76. La traduzione stessa contiene molti errori e non è precisa per quanto riguarda la parte in cui si sviluppano la dialettica dell’ Identità tra Malattia e Capitale, la dialettica ‘oggetto – soggetto’, e il metodo del SPK, ma, soprattutto, come anche tu hai constatato, perchè non contiene la Prefazione di Sartre
Ti scrivo questo perchè io, paziente nel SPK, quando, nel ’79, ero giunto a Genova, vedi la mia ‘storia’ pubblicata dal giornale IL LAVORO il 25 Maggio 1979:
Se vuoi vivere devi ammalarti. Passa dai camici bianchi la storia violenta del potere … un paziente tedesco, perseguitato e torturato nel suo paese ha trovato asilo a Genova: ma la sua battaglia continua (Interview (SARTRE con SPK, D. COOPER contro democrazia medicalizzata).
per mettermi in contatto con questo gruppo / collettivo editoriale e per verificare se fosse stato possible riedire una versione piu accurata e completa del libro non ci sono riuscito.
Dato che da allora dalla “Sinistra italiana”, se si prescinde da qualche eccezione, nessuno si era mai preoccupato di riedire il libro con una traduzione piu fedele all’ originale e allo spirito con cui era stato scritto, l’editore tedesco degli scritti del SPK, la casa KRRIM – PF Publisher for Illness, ha publicato una traduzione nuova (vi incluso anche la copertina originale del libro, la Prefazione di Sartre, una tavola cronologica, e altri testi, tutto in lingua italiana) sul suo sito internet:
http://www.spkpfh.de/KKW_ital_Indice.htm
Per dare ai visitatori / lettori del tuo blog la possibilità di aggiornare il loro ‘zaino’ riporto il relativo foglio informativo con un indice del contenuto:
SPK – Fare della malattia un’arma
Un testo d’agitazione del Collettivo Socialista di Pazienti
all’Università di Heidelberg
Con un prologo di Jean-Paul Sartre
Prima edizione in italiano.
Traduzione autorizzata dal Fronte di Pazienti, Huber, SPK/PF(H)
(Traduzione della sesta edizione in tedesco
SPK – Aus der Krankheit eine Waffe machen
KRRIM – PF-Verlag fuer Krankheit, 1996)
Indice
Caduto il programma della classe dominante, degli Iacker (medici):
Cari compagni
Prologo di Jean-Paul Sartre
Lettera di Huber concernente il Prologo di Jean-Paul Sartre in occasione di una edizione prevista delle sue opere complete
SPK/PF(H): Collettivo Socialista di Pazienti (SPK) / Fronte di Pazienti (PF) – Tavola cronologica – Un riassunto
I Esplicazione materialista delle contraddizioni del concetto di malattia
II Tesi e principi
1. 11 volte malattia
2. Tre punti di partenza del SPK
3. 10 principi della pratica del SPK
4. Il principio “Università Popolare”
5. L’SPK come Università Popolare
III Parte storica
6. Il Policlinico al servizio della scienza dominante
7. Il Policlinico al servizio dell’assistenza agli malati
8. L’auto-organizzazione dei pazienti
9. Il Collettivo Socialista di Pazienti (SPK)
10. La sentenza di sfratto e la decisione del Senato
11. Lo sfratto
12. L’illegalità dominante e i pazienti
IV Il metodo del SPK
13. L’agitazione come unità del lavoro “terapeutico”, scientifico e politico
14. Isolamento, particolarità, “oggettività”, opinioni
15. Agitazione personale e agitazione di gruppo
16. L’espansionismo multifocale (EMF) sostituisce sin dall’inizio tutte le istituzioni statali e private
17. Determinazione esterna (Fremdbestimmung) – Circoli di lavoro scientifico
18. Agitazione e azione
V Dialettica
19. Oggetto – Soggetto
20. Il superamento (Aufhebung) del ruolo di oggetto nel collettivo
21. Espansionismo Multifocale (EMF) – “Foco”
22. Dialettica della sessualità
VI Malattia e Capitale
23. Identità tra malattia e Capitale
24. Il proletariato sotto la determinazione della malattia è il proletariato rivoluzionario
25. A proposito dei socialisti “sani” e del dogmatismo reazionario di alcuni esponenti della “sinistra”
26. Il Capitale e i suoi amministratori come forza di natura
27. Medico, avvocato, professore universitario – Sanità, giustizia, scienza
28. La funzione del medico come agente del Capitale e la sua abolizione
29. Il Rettore dell’Università di Heidelberg come agente del Capitalismo
30. Le istituzioni del Capitale
31. A proposito della questione della violenza – L’escalation di violenza
32. Esempio: “Mania” di persecuzione – I momenti progressisti e reazionari di una malattia
33. Aggressività – attacco e difesa
34. L’identità con il Capitale illustrata nell’esempio del “successo”
35. Identità politica
36. In luogo di un protocollo d’agitazione
VII Parte documentale
37. Sull’economia politica dell’identita: Suicidio = Omicidio
38. Auto-organizzazione di pazienti e centralismo democratico
VIII Due comparazioni
39. Comparazione I
40. Comparazione II
Bibliografia dei TESTI OFFENSIVI DI MALATTIA
(Kränkschriftenverzeichnis)
Voci e commenti riguardanti il COLLETTIVO SOCIALISTA DI PAZIENTI (SPK) e il FRONTE DI PAZIENTI (PF)
FORTE PRO MALATTIA IL FRONTE DI PAZIENTI
(Aus Krankheit stark PATIENTENFRONT)
Canzone del Fronte di Pazienti
Certo, non posso nascondere il mio amareggiamento del fatto che un bibiotecaria cosciente non abbia saputo di rintracciare l’informazione di cui sopra. Forse questa omissione è risultato della solita “deformazione professionale”, quindi della malattia, che, comunque, è possible tornare in un’ arma di coscienza e di cambiamento com’ è stato dimostrato e come stanno per dimostrare da oltre 40 anni gli autori del libro
SPK – Fare della malattia un’ arma.
Auguri
Hans Drager
caro Hans
mi sono limitata ad elencare i testi, così come consegnati agli studenti, senza aggiungere commenti che eventualmente andrebbero rivolti ai docenti di allora. Sono materie complesse sulle quali non mi sentivo di dare approfondimenti, i tuoi chiarimenti invece possono aiutare e ti ringrazio. P.S. Mr Tower non fu ne è un eroe, fu studente e quelli sono i suoi libri di testo
cordialmente, una bibliotecaria che segue la sua corrente
Cara Cinzia,
ti ringrazio del tuo riscontro immediato.
Cordialmente
Hans Drager
molto molto bella anche questa lettura che mi hai linkato.
solo un commento su grotowsy, che sento molto vicino perché è una delle menti di cui si nutre il teatro che pratico. è vero, molti interpretano la sua come innovazione teatrale estrema: nella mia esperienza la gran parte di questi sono gli stessi che, ad esempio, venerano gente come carmelo bene (gente che, se avesse avuto più fortuna – e fortunatamente, scusa il gioco di parole, non l’ha avuta – sarebbero stati in grado di demolire defibnitivamente il teatro in italia). la fura tene conto di alcuni (parziali) aspetti del grotowsky-pensiero, e hanno scelto di seguire la loro strada indubbiamente portata all’estremo; ma molto più vicino di loro, alla scuola di grotowsky e barba, ci sono un sacco di attori/autori che hanno riportato il teatro vicino alla gente e non solo, in contesti nei quali arriva – prima che come arte performativa – come strumento di ben-essere e liberazione (carceri, periferie urbane, etc.)
Si lo penso anch’io…ho lavorato con
diversamente abili e il teatro ne ha evidenzuato potenzialità inaspettate. Poi c’è una miriade di teatranti velleitari e spocchiosi che proprio non sopporto. Ma l’esperto di teatro è lui. Io ad uno spettacolo della Fura mi sono sentita male e ho quasi strozzato un addetto alla security che non voleva lasciarmi uscire. Per il mio compagno una figuraccia :)))
“Fare che dall’arte del sembiante bello, tanto della bella illusione quanto di quella orribilmente bella illusione disfatta, diventa la liberazione iatroclastica in forza della malattia, una rivoluzione cosmica e sociale, utopatia anticipata, sempre e ovunque!”
Sono stato informato dal gestore della WordPress di un nuovo commento sul tuo articolo e, dato che questo ultimo commento non si riferisce al libro «SPK – Fare della malattia un’arma» ma all’artista di teatro Grotowski, al quale hai dedicato l’ultima sezione del tuo racconto, mi sono chiesto se avesse senso aggiungere un altro commento oppure tenere per me il mio amareggiamento circa il fatto che qualcuno, leggendo il tuo racconto, potesse saltare la parte che tu hai dedicato al COLLETTIVO SOCIALISTA DEI PAZIENTI del suo libro «SPK – Fare della malattia un’arma» per stare sull’ultima parte del tuo racconto. E mi sono chiesto il motivo che fa sì che qualcuno consideri l’opera di un artista di teatro fosse piu degno di commento di quello di un gruppo come il COLLETTIVO SOCIALISTA DI PAZIENTI (SPK) tanto piu in quanto la realtà di oggi richiede sempre piu delle risposte urgenti sulla questione della malattia alla quale lo SPK ha risposto per la prima volta nella storia in modo rivoluzionario.
Poi mi sono ricordato di un intervento del fondatore dello SPK e fondatore del FRONTE DI PAZIENTI, dott. Wolfgang Huber, su un convegno di Psicanalisi tenutosi a Parigi me tema L’Intellettuale e l’Arte nel 1979.
Riporto qui la parte introduttiva di questo intervento che porta il titolo IATROCLASTIA e che è considerato uno dei testi fondamentali del COLLETTIVO SOCIALISTA DI PAZIENTI / FRONTE DI PAZIENTI – SPK/PF(H).
Dalla presentazione del testo:
Iatroclastia, scelto autonomamente, in seguito a Iatrocrazia (1976) e Iatrarchia (1977), mette in evidenza taluni principi fondamentali. Disposizione sperimentale è la termomimesi, che riporta l’intelletto alla terra da dove trae le sue origini (Intellurekt) e manda in congedo l’arte (e, allo stesso modo, la cultura, l’arte di governare e l’eutanasia) insieme con il medico che ha abdicato, definitivamente.
Fu necessario elaborare di nuovo i concetti di base della teoria delle masse e dell’antropologia …
Cammin facendo dalle somato-terme alla “vita senza valore” (“lebensunwertes Leben”, formula iatro-nazista).
Mi fermo qui, invitando sia Te stessa che gli altri attuali e potenziali commentatori del tuo racconto alla lettura del testo intero che è pubblicato sul sito internet del COLLETTIVO SOCIALISTA DI PAZIENTI / FRONTE DI PAZIENTI – SPK/PF(H): http://www.spkpfh.de/iatroclastia2.htm
Sono certo che troverete lì tutto quanto cercate invano nelle opere di artisti di teatro siano questi pure così radicali come il teorico di un teatro povero “strumento di liberazione”.
Ancora, vorrei chiamare la vostra attenzione sul fatto che altri gruppi, adoperandosi per una radicale trasformazione della realtà e oggidì attivi in Italia, come p.e. il collettivo Controcircuito di Firenze, ha recentemente ripubblicato un capitolo intero dal libro dello SPK/PF(H) «SPK – Fare della malattia un’arma», e precisamente il capitolo “Dialettica della sessualità” aggiungendovi la frase “una realtà da costruire (e una da abbattere)”. Vedi: http://www.inventati.org/cortocircuito/2016/05/08/dialettica-della-sessualita-una-realta-da-costruire-e-una-da-abbattere/
Infine riporto qui un messaggio da una lettrice spagnola che commenta la prima edizione del libro «SPK – Fare della malattia un’arma» in Spagna
El mundo entero depende de vosotros. Todos deben esforzarse muy seriamente para transformar la enfermedad en un arma para conocerla. De eso me dí cuenta sólo ahora leyendo por vez primera vuestra publicación nueva en español. SPK – HACER DE LA ENFERMEDAD UN ARMA (SPK – AUS DER KRANKHEIT EINE WAFFE MACHEN) es tan profundo y lo abarca todo. No debéis consentir que cualquiera trivialice al SPK. Yo mismo, con todo lo que había sabido ya antes sobre el SPK, he caido en el error p. ej. de decir a mi hermano que el SPK es tan sólo un grupo en Alemania, que ha hecho de la enfermedad un arma, es decir que ha desarrollado una relación y un manejo distintos con la enfermedad: Pero aquí falta lo más importante lo cual es un error en esta declaración, algo que falsifica el asunto que estamos tratando. Quiere decir que el SPK no es un grupo entre otros grupos, sino, cómo decirlo, todo y para todos, y el mundo entero depende de eso. Todo lo demás se queda demasiado corto y por eso es sólo falso y perjudicial. Eso debéis decirlo muy claramente a todos. Si no, muchos no captarán su envergadura, aunque cada frase, cada detalle esté claro como el agua y sea convincente, ampliable y necesite de más preguntas, según la situación y las circunstancias, pero objetiva y lógicamente siempre irrefutable en lo fundamental.
Otra vez, lo que debéis anticipar a todo lo demás en todas partes:
1. El SPK no es un grupo entre otros grupos.
2. La enfermedad no es en absoluto lo que parece ser en todas partes.
3. Solamente junto con vuestro texto SPK – HACER DE LA ENFERMEDAD UN ARMA existe una salida de lo erróneo de toda una época de este mundo.
Spero che queste segnalazioni vi convincono dell’importanza e dell’attualità della teoria e della prassi dello SPK/PF(H) che Vi inauguro che Vi iispira.
hans drager
grazie per i suggerimenti. Buona giornata