Ho sempre guardato alle scarpe Bata con un po’ di sufficienza. Anzi, diciamolo, le ho sempre ignorate. Good Shoes, Good Mood era uno degli slogan del fondatore del marchio che è anche la mia filosofia in fatto di scarpe.
Poi acquistai su una bancarella Il grande vagabondo delle acque di Ota Pavel, scrittore praghese, nell’edizione e/o del 1994. E leggendo il racconto Al servizio della Svezia scoprii:
Tomas Bat’a, ceco, figlio di calzolai fu l’artefice di un impero calzaturiero di dimensioni mondiali. E autosufficiente. Possedeva boschi, segherie, una centrale elettrica, una rete ferroviaria e di distribuzione. Nel farlo applicò il “batismo”, un insieme di principi che avevano come scopo il massimo raggiungimento dei profitti per gli imprenditori, i lavoratori e gli acquirenti.
“Con la partecipazione agli utili intendiamo incrementare sia il benessere morale e materiale dei lavoratori … Vorremmo che tutti i nostri lavoratori diventassero partner finanziari nella nostra azienda … “. Nel 1912 espresse la volontà di costruire quartieri residenziali per i suoi dipendenti, con appartamenti dotati di giardino, e in quello stesso anno ne iniziò la realizzazione. Finanziò scuole, ospedali, soprattutto a Zlìn, sua città natale.
Morì prematuramente in un incidente aereo e il fratello proseguì l’attività. L’impero Bat’a venne requisito dai nazisti nel ’39 in quanto simbolo dell’orgoglio nazionale e nazionalizzato poi nel 1945. Il figlio di Tomas esportò l’attività in Canada, dove si era rifugiato durante la guerra, e da lì diede l’avvio alla più grande industria calzaturiera del mondo eliminando il segno diacritico sulla “t”, che invece resiste in Repubblica Ceca.
Da allora non potrei dire che sia Bata Love ma ora, quando passo davanti ad un negozio butto un occhio. E per la prossima stagione ho individuato qualche paio di scarpe che potrebbe fare al caso mio.
Tornerò quindi sui miei passi, dando a Tomas una chance. Chissà che non capiti anche a noi quello che Tomas ebbe a dire un giorno: “A Bata, vediamo una vendita come l’inizio di un rapporto”
Che meraviglia questa storia e pensare che in qualche modo e nonostante tutto sia proseguita. Bisognerebbe comprendere quanto dello spirito del fondatore sia stato infuso nella multinazionale di oggi..
E poi Bata me lo ricordo da piccolo in pieno centro. Ora non c’è più qualcuno l’ho visto all’outlet! Ma ricordo perfettamente il logo. Un plauso al ‘signor Bata’, quello senior per ora, a quello nuovo concediamogli il beneficio del dubbio!
Sì, il signor Bat’a era davvero un uomo speciale 🙂
L’esperienza del sig. Bata mi sembra molto simile a quella di Adriano Olivetti che cerco’ di concretizzare un capitalismo umano ed illuminato….ora, purtroppo, mi pare siano state completamente abbandonate speranze
le menti illuminate sono impopolari spesso, nonostante tutto…
Cio’ che ha tentato di fare Bata mi sembra assomigli molto al tentativo fatto da Adriano Olivetti in Italia e se non ricordo male anche Ford negli USA. Forse erano ancora i tempi, inizio del ‘900, dove uomini saggi e coraggiosi cercavano di dare un volto umano ed illuminista al capitalismo…..ora mi pare non ci sia proprio niente di tutto cio’.
Le poche persone illuminate che ancora ci sono fanno vita grama