Mi piacciono le giornate in cui mi accadono cose che sebbene sembrino casuali o del tutto scollegate dimostrano una consenquenzialità. Con questo non che non ami gli imprevisti o le sorprese, anzi…ma le persone che ritornano, i fatti che si susseguono, i pensieri di un momento che ritrovo in altri danno unità alla mia vita, indicano che seguo un percorso, che non vivo sbrindellata qua e là…
Ho scritto ieri delle troppe parole ( e rieccomi qui 🙂 ) e la sera sono stata a teatro per Le Voci di dentro, di Eduardo De Filippo. Protagonisti i fratelli Servillo: bravissimi. Rese al meglio le atmosfere napoletane, pur nella sobrietà della scena, e la profondità dei testi di Eduardo. Mi spiace dirlo ma persino meglio del nipote Luca.
La trama è nota, il filo conduttore di questa commedia è l’incomunicabilità simboleggiata dallo zi’ Nicola, che per disillusione delle cose umane ha rinunciato a parlare preferendo esprimersi con una sorta di codice dove i punti e le linee sono lo scoppio di petardi. Con un bengala verde comunicherà che sta per morire, bengala verde che vuol dire libertà: dalle ipocrisie, dalle falsità.

Non parla perché non vuol parlare. Ci ha rinunziato. Eh, sono tanti anni. Dice che parlare è inutile. Che siccome l’umanità è sorda, lui può essere muto.
La maldicenza e la sfiducia hanno il sopravvento, l’amicizia si trasforma in sospetto, la famiglia un covo di vipere. Rimangono i sogni, ma anche su loro, forse, è meglio tacere.