Ho scritto a Oliviero. Oliviero Ponte di Pino intendo. Gli ho scritto che “Come un petalo bianco d’estate” (come l’ha intitolato Garzanti) avrebbe meritato il titolo originale “Il dolore degli altri”. Che vorrei che mi spiegasse il senso di quella frase che non vuole dire niente. Che se scegli la qualità devi avere il coraggio di farlo sino in fondo. Perché “The Grief of Others” di Leah Hager Cohen, è un libro davvero molto bello.
In testa alle classifiche di : The New York Times, The Washington Post, The San Francisco Chronicle, finalista per il Dayton Literary Peace Prize, vincitore del Elle Readers Prize. Acclamato dalla critica, premiato dall’associazione dei librai indipendenti americani, recensito anche dalla mitica Oprah Winfrey, merita davvero più di quell’insulso titolo e dell’immagine di copertina. Sei personaggi complessi e feriti: feriti dall’imprevedibilità del destino, dai rapporti tra loro, dal matrimonio o dalla scuola. Sapranno rimettere insieme i cocci delle loro esistenze? Leah riconduce il tutto alla nostra capacità, e anche al nostro bisogno, di amare anche senza una ragione. Lo fa alternando luce e buio, felicità e dolore.
I suoi personaggi non indugiano nell’autocommiserazione. Leah ha fiducia nella loro capacità di risollevarsi. In una cultura che insiste sul diritto di perseguire la felicità – trasformando quindi la felicità in un dovere – è ovvio che problemi e preoccupazioni diventino qualcosa per cui provare vergogna ma Leah individua nella colpa e nella vergogna il mezzo per ritrovare la speranza.
E’ bravissima con le parole, con le metafore e le immagini. Le frasi sono taglienti e delicate, dure e cremose. Ogni frase gioiosa è significativa e suggestiva.
Anche la scelta della copertina originale è decisamente più pertinente. In qualche modo anche più accattivante, se dal guardare “nelle case degli altri” ricavi utili riflessioni per “guardare dentro casa tua”.
E anche più realistica perché nella società contemporanea, in cui i mezzi di informazione hanno un ruolo sempre più centrale, il dolore degli altri è uno spettacolo all’ordine del giorno. Ma si sa, “che il dolore degli altri è dolore a metà”. (cit. Fabrizio De Andrè)
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