Non pensate a consigli di viaggio con bagaglio leggero. La valigia quasi vuota è il nuovo libro di Haim Baharier. Haim è molte cose (matematico e psicoanalista, ma anche commerciante di preziosi e consulente aziendale), ma soprattutto per il suo pubblico, “il pensatore che fa volare”. Pubblico che gremisce le sale dei teatri pur di ascoltare le sue lezioni di ermeneutica biblica. A dargli la notorietà furono Le invasioni Barbariche dove fu invitato a parlare del suo libro La Genesi spiegata da mia figlia. Omaggio di un padre alla figlia down, Avigail, non per questo meno intelligente e felice. Avigail è la rappresentazione della debolezza, e per Haim significò da subito “non il meno come disse il dottore, ma il tanto che da quel meno gli sarebbe venuto”. E anche in questo libro il tema dominante è la claudicanza, rappresentata da Monsiuer Chouchaini, figura misteriosa di clochard che apparve a Parigi negli anni ’50. Divenuto famoso soprattutto tra i membri della comunità ebraica, molti scampati all’orrore dei lager. Tra questi anche i genitori dell’allora Haim bambino, che lo ospitarono nella loro casa molte volte prima dello Shabbat. Un uomo misterioso anche per Haim, divenuto poi allievo di Emmanuel Lévinas, uno dei maggiori filosofi del Novecento, e di Léon Askenazi, il padre della rinascita del pensiero ebraico in Francia. E la storia di questo incontro si snoda in un interessante percorso avanti e indietro nel tempo, molto più autobiografico di quanto lo stesso Haim sia disposto ad ammettere. E fornisce molte interessanti informazioni anche su altri personaggi di indiscusso e discusso fascino, quali ad esempio Shlomo Carlebach, musicista sul quale ancora non si è risolto l’enigma: profeta dell’amore universale profumato di patchouli o agente segreto vestito di collane e sandali in missione per riportare gli ebrei hyppies all’ortodossia?
Chouchani portava sempre, anche d’estate, un cappotto nero, puzzava terribilmente e viveva ottenendo cibo ed alloggio nelle diverse case ebree a cui si presentava. Era un genio assoluto. Sapeva perfettamente settanta lingue e discuteva alla pari con Einstein e con altri studiosi del tempo. Nel chiedersi il perché dell’arrivo di Chouchani Haim conclude che volesse mostrare lo ” splendore della sua condizione di clochard”. Questa è la claudicanza, ovvero concedere un po’ del proprio spazio al prossimo senza soffocare, senza sentirne la mancanza; posso accogliere l’altro, dargli parte del mio spazio, senza sentirmi impoverito. È questo il concetto su cui si fonda l’economia di giustizia. Che riporta al contenuto della valigia quasi vuota che Chouchani abbandonò nella casa di Haim e venne aperta solo molti anni dopo. E rivelò il suo misero contenuto ricco di simboli.
Haim non è una lettura facile, più seducente è ascoltarlo. Sarà per il timbro della voce, per l’accento francese ancora molto marcato nonostante viva in Italia da molti anni. Ma leggerlo a me piace. Perché ogni frase anche la più complessa arriva dritto al cuore. Va letta e va riletta, prima di farla propria. Pronta ad essere ridiscussa. Mettendo in circolo la nostra la nostra imperfezione: fiera menomazione perché grandezza e precarietà sono complementari ed è la materia di cui sono fatti gli uomini. Quelli responsabili.
Haim Baharier presenterà La Valigia quasi vuota durante la trasmissione Uomini e Profeti, domenica mattina alle ore 9.30 su Radio3.